Per soli uomini. Il maschilismo dei dati, dalla ricerca scientifica al design e’ un libro ricco, dal taglio anti convenzionale, scritto da Emanuela Griglié e Guido Romeo ed edito da Codice Edizioni nel 2021, dedicato all’analisi dei dati che marcano la disparità di genere nella scienza e tecnologia, nel design e nell’industria e in effetti riscontrabile in ogni settore della società.

Gli Autori – entrambe giornalisti, Emanuela Griglié  scrive per “La Stampa” e “Repubblica Salute” di innovazione, cultura digitale e scienza, Guido Romeo di economia e digitale su Il Sole 24 Ore – hanno raccolto, analizzato e commentato dati rilevanti, dalla misurazione degli incidenti sul lavoro alle metriche impiegate in tutti i campi, dalla medicina all’abbigliamento,  mostrando che le nostre società funzionano  e si sviluppano ancora  con il metro del “maschio standard”, “l’umano tipo” (altezza, peso, fenotipo), che in realtà rappresenta una minoranza piuttosto esigua della popolazione mondiale, senz’altro escludendo qui le donne e anche moltissimi maschi stessi.

Molti bias di genere nell’Intelligenza Artificiale, stereotipi adottati dal passato che vengono riprodotti pari pari nei software e nel digitale.

Ne abbiamo parlato con gli Autori.

Per soli uomini

con Emanuela Griglié e Guido Romeo

Emanuela Griglié

Il libro è nato da un’esigenza positiva, di mostrare le linee di cambiamento. Infatti, non volevamo che fosse un libro di lagnanze, in cui fossero presentato solo gli aspetti negativi che emergono leggendo certi dati, come il fatto che le donne hanno il 75 per cento di probabilità in più di soffrire per gli effetti collaterali di un medicinale e il 17 per cento in più di morire in un incidente stradale. Volevamo leggere anche altri dati: per esempio, non solo il numero di donne molestate, abusate o uccise, anche il numero degli uomini molestatori e violenti. Volevamo iniziare una narrazione diversa, raccontando non solo la donna vittima inerme, ma i tempi sono cambiati, ci sono molti esempi di reazioni e di una aumentata, seppur non diffusa, sensibilità.

Il linguaggio influenza la realtà

Ci sono molti studi di neuro scienziati, e da Jacques Lacan in poi, che confermano quanto il linguaggio sia importante nell’influenzare la rappresentazione della realtà e quindi il nostro comportamento. Noi costruiamo la nostra realtà dal linguaggio e nelle questioni di genere utilizzare un linguaggio preciso è fondamentale, soprattutto per le giovani, le bambine e le ragazze. Per esempio, non ammettere che certe professioni siano declinate principalmente al femminile è già influenzare le scelte future delle bambine. Mia figlia ha 4 anni e mezzo e suo papà e ingegnere; mi ha chiesto: “Io l’ingegnere non posso farlo perché non esiste la parola ingegnera”.

Siamo partiti dai numeri, per proporre modi nuovi per guardare alla questione della parità di genere, e abbiamo visto che la pandemia di COVID ha aggravato la situazione di molte donne nel mondo tenendo conto che il 75% del lavoro non pagato a livello mondiale è svolto dalle donne. Riflettendo sul questi dati, abbiamo riflettuto sul fatto che le donne partono sempre con un handicap, una zavorra pesante.

 

Le strutture del quotidiano

Guido Romeo

Sono stato sollecitato a scrivere questo libro da Emanuela – io scrivo di innovazione, uso dati – e anche io ho pensato che un libro di lamentatio non avrebbe aiutato. Abbiamo pensato che in molte analisi sul problema manchi la fase reattiva, il Che facciamo? E manca anche quella che abbiamo chiamato la visione infrastrutturale, sistemica del problema: è vero, ci sono uomini maschilisti, con una visione patriarcale del mondo, ma ci sono soprattutto le strutture del quotidiano che rendono difficile le soluzioni, se rimarranno tali e quali. Ci sono le nostre città che sono fatte in un certo modo, i nostri contratti di lavoro, i contratti sociali, le norme di sicurezza, tutte le strutture che al di là dei rapporti personali  plasmano il modo in cui viviamo, e che creano le disparità. Solo per citarne una: il congedo di maternità è da cambiare rendendolo applicabile anche per i padri. Non sarebbe difficile e garantirebbe già un miglioramento per entrambi i generi, ma in Italia si stenta a proporre queste soluzioni.

Ci interessava inoltre analizzare i punti di cambiamento. Abbiamo scritto il libro durante il periodo di lockdown di COVID, e questo deve avere influenzato in parte il risultato. La pandemia ha  reso evidenti molti problemi, e accelerato diversi mutamenti già in atto: è stato un catalizzatore di riflessioni. Un esempio, la app Immuni che aveva come icone una donna con il bambino in braccio e un uomo chiaramente pronto ad andare al lavoro. Appena pubblicata, questa iconografia è apparsa a tutti inaccettabile ed è stata cambiata.

Durante il lockdown, non potevamo spostarci granché, e questo ha fatto emergere ancor di più il problema che moltissime donne affrontano, il trip-chaining, la catena di tanti tragitti diversi con fermate intermedie per le diverse commissioni magari prima di andare al lavoro. Se nelle nostre città tutto fosse raggiungibile in 15 minuti, se tutte le principali strutture, pubbliche e private, fossero a un tiro di un quarto d’ora, ciò faciliterebbe la gestione familiare per molte donne. Barcellona ha già queste “città in 15 minuti”, grazie alle “Super Illas”, dei  mega-isolati che offrono servizi di prossimità anche in centro. Parigi e Milano si stanno muovendo in questa direzione.

 

Gli stereotipi danneggiano tutte e tutti

Emanuela Griglié

Nelle varie mappe dell’odio in rete e fuori della rete, le femmine sono il primo bersaglio, prima di ogni altro settore della popolazione, rappresentata come minoranza (anche se noi siamo la maggioranza della popolazione).

Ma abbiamo visto un cambiamento in atto nelle nuove generazioni e abbiamo molta fiducia nei ragazzi di oggi, molti dei quali sono cresciuti con genitori sensibili ai problemi della parità e i ragazzi  questo lo hanno metabolizzato. Per i maschi è forse più difficile relazionarsi con questo cambiamento perché spesso si vedono ingiustamente – e anche questo lo diciamo nel libro – privati di alcuni diritti. Ma i diritti non sono a somma zero, se li garantisci alle donne non stai togliendoli agli uomini, semplicemente si crea una società più giusta in cui tutti vivono meglio.

Nel libro citiamo alcuni dati, anche sorprendenti: in società più giuste, anche i maschi  vivono meglio, dormono meglio, hanno meno mal di schiena, sono perfino più soddisfatti della propria vita sessuale. Gli uomini non devono sentirsi intimoriti da maggiori diritti attribuiti alle donne, vivrebbero in una società più giusta e si sentirebbero sollevati dal dover aderire, anche loro, agli stereotipi del tipo il maschio standard definito dalle misure imposte da Le Corbusier e amplificato da un modello produttivo ancora fordista. Di fatto si tratta di un vecchio modello che non esiste più e, in fondo, non piace più nemmeno alla maggior parte dei maschi che chiedono più flessibilità come abbiamo visto per lo smart-working.

Stiamo andando verso una società più personalizzata, a seconda del genere, della personalità e della vita di ognuno di noi, dalla medicina agli utensili, ai lavori alle offerte commerciali e il mondo a taglia unica è una costruzione vecchia.

 

Guido Romeo

Io stesso non mi riconosco nel cosiddetto maschio “standard”. Certamente la famiglia conta moltissimo  nel come impariamo a vedere il mondo. Noi cresciamo e vediamo il mondo con gli occhi dei genitori, e onestamente non so quanto si possa agire sulla famiglia per cambiare certe strutture sociali. Bisogna offrire strumenti per una maggiore comprensione del mondo a tutti, ma soprattutto ai ragazzi. Oggi, la generazione nata con il digitale ha moltissimi stimoli, la rete è un punto di incontro e di scambio.

Vorrei sottolineare un altro luogo del cambiamento che spesso è poco considerato, se non sdegnato, e che invece può esercitare una notevole influenza positiva, e sono le aziende. Molti fenomeni culturali e artistici hanno preso piede per interessi commerciali, pensiamo alla rivoluzione culturale anni Sessanta, o al punk, che non sarebbe stato conosciuto senza Vivienne Westwood.

Alcune aziende sono già cambiante. Volvo ha in commercio la linea veicoli EVA, Equal Vehicle for All, il veicolo equo e sicuro per tutti, progettato sulle differenze anatomiche, di altezza, massa muscolare e forza tra uomini e donne, che sono cruciali quando si tratta di guida sicura e tassi di lesioni negli incidenti d’auto.

Anche l’industria dell’abbigliamento sta tenendo conto delle differenze tra uomini e donne, non nel senso del no gender, anche quello è un errore, è una negazione. La customizzazione conferisce dignità al cliente, che siano donne o uomini non standard. Questi aspetti, apparentemente secondari, influenzano moltissimo i giovani che sono più agganciati ai problemi della parità, della sostenibilità, e che spesso considerano uncooll chi non se ne occupa.

 

Emanuela Grigliè

Un settore in cui c’è ancora molto fare sebbene sia cruciale è quello della medicina di genere, che esiste da 30 anni ma di fatto è ancora difficile che i farmaci siano sperimentati anche per le donne anche se sono molti e confermati gli studi ormai sugli effetti diversi dei farmaci tra donne e uomini. Non so se i vaccini che sono in uso oggi siano stati testati per donne e uomini.

Un esempio semplice: le mascherine sono taglia maschio, per le donne sono spesso troppo grandi.

 

Guido Romeo

Infatti esiste una normativa europea e statunitense che richiede una doppia sperimentazione, per es. nel settore della medicina cardiovascolare, dove sappiamo che le donne soffrono di infarto con sintomi diversi da quelli degli uomini, e più difficilmente riconoscibili.

 

Emanuela Grigliè

Le aziende farmaceutiche si attengono a queste normative? Lo sappiamo con certezza? Esiste una trasparenza in questo? Pensiamo poi al settore delle nuove tecnologie, impostate quasi tutte per e su maschi, dove i bias sono ovunque, con una mentalità anni cinquanta di iconizzazione tra uomini e donne.

 

Guido Romeo

L’informatica è dominata da maschi, e qui torno al tema del curriculum scolastico e della necessità di offrire alle ragazze le stesso, o anche migliori, opportunità di percorrere studi e carriere nella tecnoscienza. Le tecnologie digitali sono dominate da un immaginario vecchio, stilizzato sul maschio che i motori semantici, i software, e i social considerano interlocutore privilegiato. Se le biblioteche di Google sono basate sui testi vecchi, dove la donna si trova in posizione subalterna, importeranno i vecchi pregiudizi e bias e li traferiranno pari pari alle loro macchine. La tecnologia non è neutra ma è un costrutto sociale e riflette come siamo noi tutti, nel bene e nel male

Il cambiamento c’è, ma è lentissimo: secondo la statistica che riportiamo nel libro, al ritmo attuale, raggiungeremo la parità tra 280 anni.

Le ragazze che vogliano intraprendere carriere scientifiche hanno vita difficile. A parte che sono meno dei maschi, per cui l’ambiente già non è aperto a loro, una volta entrate e dopo il doc e post doc, si troveranno a una età di circa 30 anni a dover decidere tra la famiglia e la carriera e se decideranno di avere figli dovranno sospendere la carriera per un anno e più, mentre i colleghi maschi saranno andati avanti.

 

Quote rosa sì o no?

Emanuela Griglié

Io sono super favorevole. Le donne non partono alla pari e non è questione di meritocrazia, ma di una lunga catena di svantaggi. Basti considerare il governo Draghi, il numero di donne nel governo, un totale squilibrio, nonostante le promesse iniziali.

 

Guido Romeo

Le quote rosa, sono onesto, ci vogliono, soprattutto in Italia – i nordici possono permettersi di toglierle, poiché le loro società le hanno interiorizzate-, ma anche se applicate, non bastano.

Anche quando vengano applicate, lo sono in maniera poco trasparente, con meccanismi di cooptazione e chiamata diretta sempre a donne note nella cerchia e senza mai “mischiare le carte”.

Due altri aspetti da correggere sono quelli sottolineati dalla astrofisica italiana Simonetta Di Pippo, Direttrice dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello spazio extra-atmosferico: le quote rosa vanno bene, ma i posti disponibili devono essere equamente distribuiti. Non si possono rispettare veramente le quote rosa se si hanno a disposizione, per esempio, due posti per le donne e otto per gli uomini.

Un altro aspetto sottolineato da Simonetta Di Pippo è quello relativo ai colloqui di lavoro. Spesso accade che a una donna decisa e assertiva sia preferito un uomo deciso e assertivo perché quelle qualità, che in un uomo sono considerate positivamente, in una donna manager sono giudicate esagerate e segno di prepotenza.

Qui il dialogo  PerSoliUomini  con Emanuela Griglié e Guido Romeo, in pdf

 

 

 

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