NASA

Le celebrazioni dell’anniversario dell’Apollo 11 hanno coinciso con la scoperta e divulgazione delle figure di donne che hanno reso possibile il programma, e i cui nomi e attività sono stati nascosti e di cui fu persino vietata la menzione.

“Le donne c’erano solo che poi sono scomparse: si trattava di rimozione ma anche di veri e propri divieti. Una prima cosa che possiamo sottolineare è che nella grande impresa dell’allunaggio si sono incarnati tutti i valori dell’eroe maschio e, anche dov’era evidente, la presenza femminile, è stata rimossa. A lungo c’è stata una vera e propria rimozione del lavoro fatto dalle donne della NASA, alle donne veniva concesso il backstage, rimanendo nascoste, ed era loro preclusa la partecipazione ai viaggi spaziali. Il messaggio era che non potevano essere pioniere ma potevano lavorare perché altri lo fossero.” (Valeria Palumbo, L’epopea delle lunatiche, Hoepli Editore 2018,)

 

Nel 2016 è uscito il film Hidden figures (tradotto in italiano con Il diritto di contare), che racconta la storia della matematica e fisica afroamericana Katherine Johnson e delle sue colleghe Dorothy Johnson Vaughan e Mary Jackson, che lavorarono per la NASA al Langley Research Center di Hampton, tracciando le traiettorie per il programma Mercury, la missione Apollo 11 e poi anche Apollo 13. Donne, nere, ricercatrici, possiamo immaginare le battaglie che dovettero affrontare in quegli anni. Il 4 aprile del 1968, poco più di un anno prima, era stato assassinato a Memphis Martin Luther King.

Poi, piano piano, e soprattutto avvicinandosi il 50esimo anniversario dell’Apollo 11, i nomi e le attività delle donne coinvolte nell’Apollo 11 sono venuti alla luce.

Valeria Palumbo descrive la situazione delle donne che lavorarono all’Apollo 11. “C’è da dire che nel secondo dopoguerra la mentalità statunitense era tutt’altro che femminista e fondava i suoi principi su una società maschilista da poco uscita vincitrice dal secondo conflitto mondiale. E così è stato fino alle proteste femministe del ’68-‘69. Quindi non c’è da stupirsi troppo se alle donne non venissero riconosciuti ruoli di particolare rilievo. Ma la situazione qui si fa ancora più paradossale perché in realtà le donne c’erano, erano tante e svolgevano ruoli fondamentali nei programmi spaziali che hanno portato fino all’allunaggio.” Le donne impegnate nel programma c’erano, ma non avevano nome: erano chiamate le “calcolatrici di Harvard” o le “NASA computers”.

Eccome alcune:
Frances “Poppy” Northcutt: la prima donna ingegnere a lavorare alla NASA per un programma spaziale, era la “calcolatrice” della NASA addetta ai conti prima del programma Gemini, il predecessore dell’Apollo, e poi dell’Apollo. Fece parte di uno staff che sarebbe intervenuto in caso di emergenza ed è ricordata come la donna che ha aiutato l’equipaggio dell’Apollo 11 a ritornare a terra sano e salvo, tant’è che in suo onore un cratere lunare è stato chiamato “Poppy”.

Margareth Hamilton, la direttrice del Software Engineering Division del MIT Instrumentation Laboratory, che sviluppò il software di bordo per il programma Apollo.

Susan Finley che lavorò al sistema di comunicazione che consentì a Neil Armstrong di trasmettere informazioni alla Terra e molte altre ancora.

Per maggiori informazioni, segnaliamo alcuni articoli:

La storia dimenticata delle donne che permisero all’uomo di sbarcare sulla Luna
DI FRANCESCO OGGIANO  https://thevision.com/cultura/donne-allunaggio/

Spazio alle donne. I volti delle eroine della Luna tra storie e pregiudizi
https://ilbolive.unipd.it/it/news/spazio-donne-volti-eroine-luna-storie-pregiudizi?fbclid=IwAR3lAqyOSry54sEkWFzGObbxMA4cnKHox3wFYbcgf4I5G3mkFZR-Ckj2XtU

Su Margareth Hamilton: https://scienze.fanpage.it/margaret-hamilton-la-donna-che-ci-ha-portati-sulla-luna-il-suo-software-ha-salvato-lapollo-11/

Sara Sesti tiene una rubrica su Facebook dedicata alle donne scienziate e ricercatrici: https://www.facebook.com/sara.sesti13

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