E’ uscito il volume «Lavorare sul genere a scuola con coding e robotica educativa», scritto dalle ricercatrici di INDIRE Daniela Bagattini e Beatrice Miotti, edito da Carocci editore.
Come mostrano le Autrici, la questione di genere dovrebbe essere parte integrante degli interrogativi da porsi quando si fa didattica e quando la si studia.
Partendo dai risultati, letti in ottica di genere, del progetto PON Coding e robotica condotto negli anni 2019-2020, le Autrici presentano i risultati di una complessa indagine svolta con i e le Docenti partecipanti il progetto sul ruolo che la robotica educativa potrebbe avere nel superamento degli stereotipi di genere a scuola e nell’apprendimento.
Abbiamo chiesto alle Autrici il making off del libro, la storia di come sia nato e concluso.
Il volume è scaricabile gratuitamente previa registrazione qui: http://www.carocci.it/index.php?option=com_carocci&Itemid=72&task=schedalibro&isbn=9788829015474.
Le prefazioni sono di Emanuela Abbatecola, sociologa e professoressa associata all’Università di Genova, cofondatrice e direttrice della rivista “ag –AboutGender. International Journal of Gender Studies”, e di Fiorella Operto, vicepresidente della Scuola di Robotica (Genova), che ha contribuito a fondare nel 2000.
Il nostro interesse per la robotica educativa nell’educazione di genere
di Daniela Bagattini e Beatrice Miotti
L’incontro con Beatrice Miotti è avvenuto in maniera informale: pur lavorando entrambe ad Indire, i nostri primi scambi sono avvenuti in treno, nel percorso che ogni giorno facevamo come pendolari per recarci in uffici; un momento informale, quindi, come di solito sono quelli in cui nascono le idee migliori.
Io mi occupavo già di questioni di genere, di violenza di genere, sia in INDIRE sia al di fuori, ed era un periodo che in INDIRE si cominciava a parlare di questi temi. Beatrice si occupava di robotica e coding già da alcuni anni.
Abbiamo cominciato a condividere le nostre ricerche e a collegare il progetto Coding e Robotica, finanziato dal Programma Operativo Nazionale (1) che si stava svolgendo in INDIRE con le mie ricerche sul genere. Il Progetto ha coinvolto 116 docenti di cui 25 coppie formate da un docente della scuola della infanzia e da uno della primaria impegnati in una attività di coding progettata per essere svolta in modo verticale su i due ordini; le altre 44 coppie formate da due docenti della scuola secondaria di primo grado, discipline diverse a cui è stato chiesto di condurre attività interdisciplinari con la robotica educativa (in particolare utilizzando Arduino CTC101).Ad un gruppo di questi ultimi (33 coppie) che non avevano alcuna esperienza di tecnologia, è stata effettuata una prima fase di formazione.
Scambiandoci le nostre reciproche esperienze ci venne l’idea di analizzare queste attività anche da un’ottica di genere e così abbiamo iniziato a studiare il tema nella letteratura e abbiamo scoperto che in Italia c’era ben poco su questo argomento, mentre le pubblicazioni internazionali erano molte e valide: uno dei temi centrali era legato alle potenzialità di queste metodologie rispetto alla percezione di autoefficacia delle ragazze con le ICT e nelle discipline STEM.
Decidemmo così di ampliare l’attività di ricerca iniziale, che prevedeva originariamente solo una documentazione da parte dei docenti legata essenzialmente alla loro capacità progettuale e al ciclo di design Think Make Improve messo in atto sia nella costruzione della attività da parte dei docenti, sia durante le lezioni in classe, chiedendo anche osservazioni sull’atteggiamento delle ragazze verso il progetto. Purtroppo il Covid non ci ha permesso di realizzare quanto ci eravamo prefissate che prevedeva di effettuare delle osservazioni e abbiamo dovuto rivedere i nostri protocolli di ricerca.
Poiché il progetto prevedeva la compilazione di tre report da parte dei docenti, nel terzo abbiamo deciso di inserire una domanda generica su questo tema, lasciata volutamente vaga (notate delle differenze nell’approccio al lavoro da parte dei maschi e delle femmine e nelle loro performance?).
Qui è importante ricordare che il progetto iniziale non prevedeva nessun tipo di formazione né indicazione su questo tema, quindi i docenti non sapevano di dover fare attenzione a questo aspetto.
Ci sono state vari tipi di risposta: chi non vedeva nessuna differenza, chi vedeva delle differenze e le considerava quasi “naturali”, nel senso che venivano rimandate a un certo tipo di atteggiamento più irruento, più dinamico dei maschi, più razionale quello delle femmine, dato per scontato. Altri che vedevano delle differenze di approccio nel progetto; tra questi una parte che aveva notato delle aperture nel corso del progetto stesso da parte delle ragazze, che avevano approcciato il coding o la robotica in un modo per poi cambiare atteggiamento. Questa è stata la parte per noi interessante perché il nostro obiettivo non era indagare eventuali stereotipi negli occhi dei docenti, quanto capire se ci fossero possibilità di cambiamento nella percezione delle ragazze per le STEM grazie al progetto.
A questo punto decidemmo di organizzare dei focus group con i docenti che avevano notato queste differenze, per capire con loro come questo era avvenuto; da qui è nata l’idea di sviluppare quei contenuti in un volume, che potesse stimolare anche nel nostro paese un dibattito sul tema. Infatti, ci sono oggi molte pubblicazioni sull’educazione di genere, su quanto le costruzioni di genere influiscano sul rendimento scolastico; parallelamente esiste un filone interessante per la promozione delle discipline STEM per la ragazze ma ci sembrava che mancasse un’unione tra le STEM e la sociologia: in un certo senso, tra l’ingegnera, Beatrice, e la sociologa, Daniela Bagattini.
Sulla base della letteratura e di quanto emerso dalle interviste e discussioni con i docenti, abbiamo cercato di capire a quali condizioni coding e robotica hanno funzionato come elemento trasformativo: quali elementi del coding e della robotica hanno favorito un incremento di ’interesse da parte delle ragazze?
Ovviamente nessuna metodologia può da sola rimuovere stereotipi che hanno funzionato per secoli. Anzi, potrebbero esservi il pericolo che la tecnologia riproduca gli stereotipi: pensiamo ai rischi dell’Intelligenza Artificiale, che si sviluppa su modelli precedenti e che può riprodurre, moltiplicare e diffondere quegli stessi stereotipi mettendoci su un bollino di oggettività: l’ha detto la tecnologia.
Questo è un rischio.
Un altro è quello conseguente al tentativo di avvicinare le ragazze alle ICT “femminilizzandole”, sviluppando cioè progetti che lavorano su temi che sono ritenuti di appeal per le ragazze (ad esempio la moda): forse può funzionare sul breve termine, ma è un escamotage molto rischioso, che in realtà rischia di riprodurre uno stereotipo, mantenendo una separazione tra i due mondi, quando coding e robotica possono funzionare proprio come abbattitori di barriere, promotori di interdisciplinarietà, soprattutto se consideriamo robotica e coding non delle materie ma delle metodologie. Essendo ancor oggi le diverse discipline connotate come maschili o femminili, se andiamo a lavorare su più discipline assieme – che poi saranno le professioni del futuro – forse più ragazze si approcceranno ad esse con meno timore.
Il timore è un elemento centrale per interpretare non solo le scelte professionali ancora settorializzate delle ragazze, ma anche i risultati in matematica (INVALSI), che non sono collegati a caratteristiche biologiche, ma ad un diverso approccio a queste discipline, con un senso di auto efficacia minore dei maschi, perché fin da piccole è stato loro detto (o fatto capire, anche indirettamente) che dovevano fare dell’altro e quindi non hanno avuto esperienze infantili.
La scuola dovrebbe aiutare a decostruire tutto questo e la pratica della robotica può aiutare le ragazze a rendersi conto che invece sono capaci quanto i maschi.
Noi siamo fiduciose, qualche cosa si sta muovendo.
Una riflessione sugli effetti del lockdown: quanto velocemente abbiamo dovuto tutti e tutte imparare ad usare strumenti che prima non avevamo mai utilizzato e che magari pensavamo di non essere capaci di adoperare? Pensiamo in particolare alle famiglie: quante mamme hanno dovuto imparare a usare le piattaforme, Internet, il computer per star dietro ai bambini in DAD: hanno imparato molto velocemente; si erano mai rese conto prima di poterlo fare?
- Programma Operativo Nazionale plurifondo “Per la scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento” fse/fesr-2014it05m2op001 – Asse i “Istruzione” os/ra 10.2,Progetto “coding e robotica”, codice 10.2.7.a2-fse pon-indire-2017-1, cup B59B17000000006