Mancano poche ora alla conferenza di apertura della Maker Faire 2020 che anche quest’anno, nonostante la distanza che costringe a nuove forme di incontro, si annuncia come un evento ricco di scambi, progetti, esperienze da scoprire, piccole e grandi realtà da indagare. “Un ecosistema”, come lo definiscono gli organizzatori, “in cui i protagonisti della scena dell’innovazione si incontrano, confrontano, formano e divertono.”[1]
Per restituire in un formato digitale l’esperienza della fiera, i padiglioni saranno trasformati in percorsi tematici, gli stand in pagine web dalle quali gli espositori saranno a disposizione per interagire con tutti coloro che decideranno di partecipare. A tutto ciò si aggiungerà, come per ogni edizione passata, un calendario di eventi, conferenze e workshop dedicati ai temi principali dell’innovazione tecnologica, inevitabilmente influenzati dai bisogni e dalle prospettive davanti ai quali la pandemia ha messo il mondo dei makers. Anche noi di Scuola di Robotica, insieme a CNR-ISTC, il CNR -IEIIT, il DIBRIS UNIGE e Omitech parteciperà con il seminario Robotica centrata sull’uomo per l’assistenza e la collaborazione con gli esseri umani, nell’ambito della conferenza I-RIM 3D 2020, e con la presentazione del progetto europeo No Gender Gap.
La Maker Faire Rome sarà dunque una fiera virtuale, avrà luogo in questo spazio digitale dal 10 al 13 di dicembre e sarà totalmente gratuita. Chiunque fosse interessato a partecipare, per scoprire, conoscere, sperimentare e lasciarsi ispirare, non dovrà far altro che iscriversi con il proprio indirizzo e-mail attraverso il sito ufficiale.
Siamo testimoni di una trasformazione nelle modalità di fruizione di questa grande fiera internazionale e possiamo scegliere con grande semplicità di partecipare attivamente aggiungendo la nostra presenza a questo spazio virtuale messo a disposizione di tutti affinché in molti si possano avvicinare al mondo dei makers. Ma chi sono i makers e cosa ci insegna la filosofia condivisa da coloro che scelgono di definirsi tali?
Verbo “to make”
Jay Silver, ingegnere elettronico, inventore di kit e giocattoli e co-creatori del celebre Makey Makey, nella sua Ted Talk dal titolo “Hack a Banana, make a keyboard!” ci fornisce un assaggio della gioia e della meraviglia del creatore, del maker, ma anche e soprattutto del potere che può restituirci questo particolare sguardo con il quale osservare il mondo intero e, più di tutto, gli oggetti intorno a noi. Prendiamo per esempio un adulto – ci dice Silver :
“Le sue mani e il suo intuito sanno, ma talvolta ciò che sappiamo ostacola ciò che potrebbe essere, soprattutto quando si tratta di cosa fatte dall’uomo. Pensiamo di sapere come funzionano le cose, quindi non riusciamo a immaginare come potrebbero funzionare. Sappiamo come dovrebbe funzionare, quindi non possiamo immaginare tutto ciò si potrebbe realizzare.”
L’approccio e la prospettiva di un maker non sono per lui esclusivamente metodologie di lavoro o di apprendimento quanto piuttosto
“strumenti che possiamo dare alla gente, soprattutto agli adulti che sanno troppo, in modo che possano vedere il mondo come malleabile, che possano vedere sé stessi come agenti di cambiamento nella loro vita quotidiana.”
Costruire, inventare e reinventare. Per poter escogitare soluzioni a problemi vicini e lontani, collaborare per rispondere ai bisogni delle comunità locali, di comunità vicine a noi o molto lontane è necessario dunque tenere il nostro sguardo allenato, le nostre mani pronte. Non accontentarci mai di pensare che ciò che tutto ciò che abbiamo intorno sia esclusivamente ciò che sembra.
“Non appena si comincia a giocherellare, penso che in qualche modo si cominci ad avere una panoramica della vita quotidiana in cui ci si può esprimere un po’ di più e in cui si può partecipare più attivamente nel progettare il futuro del modo in cui funziona il mondo.”[2]
I più disparati software e hardware, macchinari come frese e stampanti 3D sono strumenti che i makers sfruttano, esplorano e mettono in gioco nel perseguire questa forma di partecipazione, ponderata e gioiosa quanto lo può essere il gioco per un bambino, ad un futuro in cui poter essere agenti attivi, un futuro partecipato e a misura di essere umano. Tra i maker non ci sono solo appassionati di tecnologia, ci sono educatori, pensatori, inventori, ingegneri, autori, artisti, studenti, artigiani più o meno digitali. La prototipazione e la validazione di innovazioni tecnologiche, cuore dell’approccio maker, assumono oggi un’importanza nuova in un presente in cui siamo abituati a continue innovazioni tecnologiche che si susseguono sul mercato, e dove la parola prototipo perde fascino e viene talvolta dimenticata. Creare un prototipo significa sviluppare e costruire tra le mura della propria stanza o del proprio laboratorio, senza smettere di pensare in grande.
Dal fai da te al fare insieme
Tutto questo fermento non avrebbe mai potuto raggiungere un tale impatto sullo sviluppo economico, tanto quanto su quello sociale, se fosse stato alimentato da ogni singolo inventore a solo livello individuale. Progettare nel mondo dei makers significa co-progettare, scambiarsi soluzioni, puntare su tecnologie open-source e open-hardware in grado di trasformarsi e crescere viaggiando all’interno della comunità globale, per poter essere scoperte, adattate e impiegate, nell’ambito delle più disparate comunità locali.
RE:MAKE THE WORLD TOGETHER, titola la conferenza di apertura. Incontrarsi per scambiarsi idee e strumenti, per ripensare le nostre comunità, ma anche la nostra comunità globale con i suoi nuovi e vecchi bisogni, sembra tutt’altro che scontato in questo momento ricco di incertezze, voglia di futuro e ricerca di senso. Dunque, buona Maker Faire e buona scoperta.
[1] https://makerfairerome.eu/it/